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Cani che ci sono, cani che ci fanno

I cani mentono? I cani imbrogliano? I cani ricattano? Certo che a volte possono farlo.
E i motivi possono essere tanti quanto i nostri. Mentire, imbrogliare, ricattare sono comportamenti opportunisti di sopravvivenza.
Ti nascondo le mie vere intenzioni o emozioni perché tu non prevenga il mio comportamento.
Ti ingaggio su un falso obiettivo per distrarti e ottenere un’altra cosa.
Ti prendo un oggetto e se non mi dai ciò che voglio non te lo ridò.
Se si ha una relazione solida con il proprio cane, queste tattiche, anche se si presentano, si mantengono all’interno della dimensione ludica, sono gioco, sfide, si riconoscono perché sono siparietti brevi e sporadici. Ma soprattutto siamo in grado di gestirle, stare al gioco o interromperlo se è il caso.
Quando invece si tratta di comportamenti continuativi e abituali, si tratta di problemi che derivano da una relazione mal impostata: quando si impongono troppi divieti al cane, troppe richieste frustranti; quando si chiede solamente e non si da mai, né fiducia né libertà; quando si interviene sui problemi direttamente, solo reprimendo il comportamento senza cercare di comprenderne le cause, che andrebbero rimosse per farlo cessare; quando le regole sociali non sono chiare.
Il cane è un animale sociale e ha bisogno di regole sociali e di un ruolo chiaro in famiglia per il suo stesso sviluppo cognitivo sano. Se il cane si sente escluso dal suo gruppo, se non si sente parte di una squadra in cui ha dei ruoli riconosciuti e gratificati, se non può fare mai nulla, il cane non trova appagamento e va in frustrazione.
Quando il cane non ha una guida, le cose da fare per trovare gratificazione e appagamento le decide in autonomia; se però non ha sviluppato le competenze per poterle affrontare perché non ha imparato a valutare le situazioni, a riflettere, a esercitare gli autocontrolli, ecco che il comportamento può facilmente scivolare fuori dalle regole della convivenza civile.
Ma può anche trasformarsi in ansia e tanti altri stati psicologici negativi.
Chiediamoci cosa gira nel cervello del cane quando ci mente: “Faccio finta di essere tranquillo così mi sganci dal guinzaglio e posso andare a rincorrere i ciclisti e i runner”. Ma perché lo fai? Probabilmente perché non ti ho deresponsabilizzato, non ti ho insegnato chi è fra di noi quello che si occupa dei problemi, ti ho sempre esercitato a rincorrere palline e basta senza pensare che così sviluppavo il tuo istinto predatorio, e adesso quelle che ti sembrano minacce o prede le vuoi gestire tu.
Chiediamoci cosa gira nel cervello del cane quando ci imbroglia: “Ti distraggo dal cibo sul tavolo abbaiando alla porta, tu vai di là a vedere e io ti frego il cibo”. Ma perché mi freghi il cibo? Non certo perché non ti do da mangiare, forse perché eri un randagio, sei appena arrivato in adozione, e questi sono i tuoi schemi operativi; però forse anche perché la nostra relazione è nuova, non si basa ancora sulla fiducia e non sono state impostate regole. Il possesso non è negativo, ma ci sono cose mie, cose tue e cose che condividiamo.
Chiediamoci cosa gira nel cervello del cane quando ci ricatta: “Ti ingaggio con un calzino che ti ho rubato per competere con te”. Pericolosissimo se per farsi ridare il calzino lo si scambiasse con un premietto: i premi dovrebbero essere dati solo se il cane è stato davvero bravo. Se mi ingaggi con il calzino, gioco con te a rincorrerti, non ti premio per ridarmelo. La gratificazione è nel gioco, nel competere, non insegniamo al cane a ottenere le cose attraverso il ricatto. E l’appagamento verrà dallo stare insieme ed esserci stancati a giocare. Un calzino non è così importante.
Ecco perché non è l’esercitare un “controllo” continuo sul cane che rende il cane educato, ma dargli queste competenze nell’ambito e in funzione del gruppo in cui vive, attraverso la dimensione del gioco. Attraverso il gioco si apprendono le regole per stare al mondo insieme agli altri, attraverso il gioco si impara tutto.
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