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Il cane e i confini relazionali

Torno ancora su questa cosa che i cani ci sembrano spesso più empatici di noi, in una relazione sanno dare sé stessi in una forma totale rispetto a noi.

La domanda che continuo a farmi è: cosa li differenzia da noi realmente nel modo di vivere la relazione?

Che i cani diano maggior peso all’aspetto relazionale piuttosto che a quello individuale, è una cosa assodata che chiunque abbia un cane o lavori con i cani sa benissimo. Senza andare nella narrazione pietistica e un po’ usata del cane che dà la vita per il suo “buon padrone” o per colui che non se lo meritava, è abbastanza evidente etologicamente che il cane, animale sociale, dia grande peso alla socialità: senza un ruolo all’interno di un gruppo non riesce a stare. Né fra cani è tollerato che nel gruppo vi sia un individuo senza un ruolo. Del resto, il cane non accredita nemmeno noi umani come membri reali di un gruppo, se non dimostriamo di avere un ruolo funzionale ad esso. Ma questo spiega solo dinamiche sociali evolutive che si sono affermate in centinaia di migliaia di anni per garantire la sopravvivenza del branco.

I cani sono animali sociali. Anche noi lo siamo. Per loro come per noi, le relazioni rappresentano sopravvivenza. Però, è sempre così dannatamente evidente che in noi, in quasi tutte le faccende della vita, l’aspetto egoistico prende sempre un peso maggiore rispetto a quello altruistico.

È un problema morale, quindi culturale? Anche i cani, come noi, sono animali culturali, anche per loro esiste il senso morale della giustizia: nel gioco, per esempio, si danno regole di fair play: “chiedi prima, sii onesto, rispetta le regole, ammetti i tuoi errori.”(Mark Bekoff, 2018 – Nella mente e nel cuore dei cani). Naturalmente fra di loro c’è chi infrange queste regole. Il problema è che però se le infrange subisce l’ostracismo sociale. È fuori. Noi oggettivamente transigiamo molto di più.

Ci deve essere qualcos’altro che fa la differenza, qualcosa di più intimo nella mente dei cani.

Si tratta di possedere un IO relazionale? Anche noi lo abbiamo, siamo anche noi capaci di empatia e di considerare il valore delle relazioni, vuoi opportunisticamente vuoi in maniera disinteressata. In questo non differiamo da loro.

Hanno un IO collettivo? Anche noi lo abbiamo, anche se uomini o cani non ce l’hanno a livello di certi animali come i pesci, le api, gli storni, che sono capaci di passare all’unisono in modalità collettiva muovendosi come fossero un unico essere. È una cosa molto più inconscia la nostra e quella dei cani.

I cani hanno un EGO più debole del nostro? Non penso proprio: hanno anche loro motivazioni autoriferite, che li spingono a soddisfare i loro bisogni individuali, come possedere oggetti o qualcuno, difendere il proprio territorio, raccogliere cose e nasconderle in un luogo sicuro, studiare nel dettaglio le cose, conoscere il proprio corpo; vivono emozioni riferite a sistemi evolutivi mirati alla sopravvivenza e alla preservazione non solo della specie, ma di sé stessi, come la paura e la collera. Sono individui anche loro, sanno benissimo di esserlo. E sono opportunisti anche più di noi, a volte.

Dove finisce però per loro quel confine che ci separa dall’altro all’interno di una relazione? E come i cani vivono questa barriera invisibile?

La risposta migliore che ho trovato è questa: Noi umani, in una relazione, abbiamo un grande timore di aprire il nostro mondo all’altro, di comunicare chi siamo davvero, perché abbiamo il timore di perdere la nostra identità, di non essere più padroni di noi stessi, di arrivare a confondere il nostro benessere con quello degli altri. Per cui percepiamo i confini relazionali come più “presenti”. Il termine confini relazionali non si riferisce alla separazione individuo-ambiente, bensì alla funzione psicologica di limitare l’organismo, contenendolo e proteggendolo, e allo stesso tempo metterlo in contatto con l’esterno. L’esperienza dell’incontro è la funzione propria di tale confine.

Ecco, io trovo che questa cosa i cani non ce l’abbiano. Sono più permeabili, hanno meno paura di perdersi e di darsi. Sono più connessi di noi con il tutto, anche i sensi che posseggono, che permettono loro di percepire il mondo e l’altro, sono infinitamente più potenti e vasti dei nostri, basti pensare alla loro capacità di percepire perfino le emozioni dei loro interlocutori. Per i cani,  quindi, non ha nemmeno tanto senso avere confini relazionali così presidiati dall’ego.

 

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